O si decide che siamo personaggi storici, e allora si rispetta la storia, o si decide che siamo personaggi privati e allora ci si lascia in pace. La settimana prima di Natale compirò 76 anni e dopo aver avuto l’infanzia, la giovinezza e l’età adulta rovinate dal malefico caso Moro immaginavo, stupidamente, di poter sedere su una panchina al sole, prendere un the con delle amiche, leggere un bel libro. Ma non è per niente così, avrò avuto sette anni quando un pericolo oscuro e un dolore mostruoso si sono insinuati nella mia vita e non se ne sono più andati. Mio figlio ed io viviamo, nascosti in bella vista, col citofono, campanello, e telefono spenti. Ma ogni giorno un’ondata di tsunami ci raggiunge ugualmente. Non pretendo che gli altri – che non hanno provato – capiscano, ma a dispetto dell’esperienza seguito a sperarci.
Da adolescente ero, con gli scout, ad un campo mobile sulle Dolomiti e scrissi solo per me una piccola poesia profetica. ‘Le foglie balbettano alle nuvole canti di gioia, io dormo quasi, nel sole, l’ombra dietro le spalle’. A quell’epoca potevo immaginare che l’ombra non mi avrebbe mai raggiunta e sarebbe rimasta sullo sfondo, ma invece mi ha travolto e portato via distruggendo ogni sorriso ed ogni gioia scaraventandomi chissà dove ai confini del cosmo. Rimane soltanto il sole come un lumino nella notte a fare da sponda all’oscurità.
È già vergognoso infischiarsene del dolore altrui ed è doppiamente vile usarlo per fare affari. Nel 1963 papà conclude così un discorso credo a Firenze: ‘Lasciamo dunque che i morti seppelliscano i morti, noi siamo diversi, noi vogliamo essere diversi dagli stanchi e rari sostenitori di un mondo ormai superato.
Amen.
Maria Fida Moro