C’era una volta il Parlamento

C’era una volta la certezza del diritto, baluardo della democrazia. Una legge può essere retroattiva solo se più favorevole di quella che viene cambiata. In tutti gli altri casi le nuove leggi valgono solo per il futuro, tanto è vero che esistono le norme transitorie per accompagnare il passaggio da una legge ad un’altra. Almeno questo è quanto avevo imparato anni fa.

Scrivo oggi nel giorno della Festa della Repubblica, della quale sono quasi coetanea, e lo faccio sommessamente per annotare alcune brevi considerazioni.

Il Parlamento è sovrano. Il Parlamento esprime al meglio la sovranità popolare perché ne è la più alta e diretta espressione. Ma i Parlamentari – Deputati e Senatori – sono persone in carne ed ossa e quindi perfettibili. Mi piacerebbe che tenessero alto il livello della dignità parlamentare, come è giusto e doveroso che sia.

L’assemblea degli eletti scrive le leggi con buon senso, intelletto e cuore e deve essere consapevole dell’effetto di ogni legge sulla vita delle persone, non credo possa disinteressarsene. È chiaro che ogni legge è frutto del lavoro di tanti e scaturusce da diversi modi di pensare e di sentire, per cui alla sua base ci saranno un compromesso (nel senso migliore del termine) ed una mediazione, nella speranza però che i Parlamentari siano sempre consapevoli di cosa succederà alla gente all’entrata in vigore della legge stessa.

La grandezza del diritto è tutta nella sua essenza. Il diritto, nella sua essenza, nasce infatti in favore dell’uomo; il suo fine è etico e per questo è tanto importante attenersi a dei principi – i famosi diritti inviolabili – che lo Stato riconosce e non può revocare, neppure attraverso nuove leggi. Che succederebbe se all’improvviso una legge cancellasse le nostre patenti, i titoli di studio, l’iscrizione ad un albo professionale, la proprietà della casa, eccetera eccetera? Sarebbe il caos.

Viviamo in un’epoca già tremendamente difficile. Epoca di grandi cambiamenti, di paesi poveri dilaniati dalle guerre, di arroganza straripante, di violenza, di dolore e di follia. Le leggi devono essere il più giuste possibile, anche nel senso di più ragionevoli. Non perfette, perché è impossibile, ma scritte con il criterio del buon padre di famiglia, come si evince per esempio dal Diritto Romano. Siamo al punto in cui i giovanissimi assaporano un incredibile desiderio di morte. Non ci badiamo neanche se un ennesimo kamikaze non si fa esplodere. Se sempre più di frequente sono bambini innocenti le prime vittime delle bombe “intelligenti”.

Questa lettera non è una parabola, ma un sussulto. A me è stato insegnato che i militari in divisa, davanti all’ingresso di Camera e Senato, fanno il saluto militare ai Parlamentari non perché sono simpatici ed importanti ma perché sono rappresentanti del popolo, non di una fetta di elettorato, ma di tutti i cittadini italiani.

Per questo la Costituzione prevede che essi, i Parlamentari, siano liberi da vincoli di mandato e rispondano non ai partiti e ai gruppi, ma alla propria coscienza. E sempre per questo mi arrabbio quando essi lasciano l’Aula. Non è necessario. Si resta in Aula e si vota a favore o contro il provvedimento in questione, oppure ci si astiene. Ma uscire sposta il numero legale e non è giusto. Chiaramente questo è solo la mia modesta opinione ma è come se delle sentinelle, invece di restare di guardia su virtuali spalti di castello, andassero a farsi un giro. Gli eletti restano in Aula (almeno così

mi era stato insegnato), i nominati non so. I Parlamentari sono in servizio responsabilmente in vista del futuro. La “casta” è una scusa e non bisogna temerla né tantomeno adeguarsi. È come il mantello dell’invisibilità presente in tante favole.

Ma neppure il Parlamento è superiore alla legge e non può lasciare che una legge da lui promulgata sia inapplicata, come è successo con la legge 206 del 3 Agosto 2004 in favore delle vittime del terrorismo che, di fatto, non sembra valere per la vittima più emblematica: mio padre Aldo Moro, al quale è stato dato il valore di simbolo con un’altra legge che ha decretato che fosse la data della sua morte – il malefico 9 maggio – il giorno giusto per ricordare tutte le vittime del terrorismo. Non mi interessano i cavilli e le scuse, ma solo il principio giuridico e farò il necessario ed anche di più perchè inevitabilmente proprio il Parlamento dia seguito ai dispositivi di legge; legge che autonomamente ha ritenuto di promulgare. Se Aldo Moro è vittima del terrorismo, la legge in favore delle vittime del terrorismo va applicata anche per lui.

Quando ero piccola, mi piaceva tantissimo andare alla Camera dei Deputati perché aveva tante entrate, le scalinate erano così grandi, c’erano le guide rosse per terra e busti e poltrone e lampadari sfavillanti. Restavo fuori e ci giocavo intorno. Mi sembrava solenne, bellissima e mi metteva soggezione. Qualche rara volta sono anche entrata: una bimba con le trecce tenuta per mano dal suo papà, un signore alto e gentile che rispondeva al nome di Aldo Moro. Lui era un Deputato e rappresentava il popolo (lo sapevo benissimo) ed io ero il popolo. Mi faceva sentire al sicuro. Certo non avrei potuto spiegare a parole la fierezza che provavo, ma perfino adesso solo a ricordarlo mi sembra di essere in salvo anche se, in realtà, tutto è andato perduto.

Maria Fida Moro